Mario Draghi, nella sua carriera, ci ha abituati a distinzioni nette. Una delle più celebri fu quella tra “debito buono” e “debito cattivo”. Con lo stesso spirito, si può leggere il suo recente intervento sull’Europa come un discorso che ha un lato buono e un lato cattivo.
Il discorso buono
Draghi ha fatto un’analisi lucidissima della situazione attuale. Il 2025 ha dimostrato agli europei che la sola capacità economica come consumatori non garantisce all’Unione Europea alcun peso politico effettivo. È tramontata l’illusione, coltivata per decenni, che bastasse essere una “bolla di benessere” per comprare la pace o il riconoscimento politico: consumando beni dalla Cina, vendendone agli Stati Uniti, e immaginando che questa partita contabile valesse la nostra sicurezza.
Draghi ha ragione anche quando individua i veri limiti interni: barriere residue che bloccano il mercato, mancanza di scala nei progetti industriali, ritardo tecnologico che mette a rischio la nostra sovranità tecnologica, economica e perfino militare. L’analisi è impeccabile.
Il discorso cattivo
Ma è proprio dopo un’analisi perfetta che arriva la delusione: la proposta rimane sulla superficie tecnica. La sua ricetta è: “uniamoci di più, perché ci conviene”. È un ragionamento da contabile.
Ma nessuna comunità umana nasce per convenienza. Neanche una coppia di innamorati si sposa per utilità. Una famiglia nasce dall’identità, dal riconoscersi già uniti, e dal coraggio di dichiararlo al mondo. Se non lo fa, è proprio per motivi contabili: “e se divorzio? e se perdo il lavoro?”.
Draghi propone un matrimonio di calcolo, non un atto d’amore. Ed è qui che il suo discorso diventa incapacitante: trasforma la più grande occasione storica in un bilancio aziendale, e così facendo mostra i limiti generazionali della classe politica cui appartiene: primo fra tutti la mancanza di coraggio, il timore che i mercati, i conservatori, gli scettici possano sabotare il piano.
Draghi dovrebbe rassicurarsi: lo faranno comunque. I mercati, abituati a considerare l’Europa un ventre molle, speculeranno su di noi. I Conservatori, che temono la fine delle piccole patrie perché non hanno l’apertura mentale per sognarne una grande, voteranno perchè non cambi nulla. Gli scettici potranno, forse, essere convinti, se gli si spiegherà che il complotto non è “europeo”, ma contro l’Europa.
Il discorso che draghi non fa
L’Europa non deve nascere per convenienza, ma per restituirci la libertà. Libertà dall’imperialismo finanziario e militare americano. Libertà dall’imperialismo economico cinese. Libertà culturale sotto la tutela di un diritto millenario che è già nostro.
L’Europa esiste già, e gli europei lo sanno. Quello che manca è il coraggio politico di dichiararlo, di riconoscere che siamo una comunità di destino e non un cartello di interessi.
Draghi rimane ammirabile per intelligenza, credibilità e leadership naturale. Ma resta un burocrate. Non osa dire ciò che ogni europeo sente, e cioè che l’Europa deve nascere come atto di liberazione della Nazione Europea.
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